Fondente, al latte, oppure bianco. Con le nocciole, abbinato agli agrumi, aromatizzato alla rosa. Il cioccolato piace praticamente a tutti e dovremmo essere grati a Cristoforo Colombo che, primo tra gli europei, è venuto a contatto con il cacao.
La storia di uno degli alimenti più amati e benefici affonda, dunque, le sue radici nel passato. Oggi lo amiamo spassionatamente e ne abbiamo scoperto anche le qualità come rimedio naturale contro la tosse; come faremmo, quindi, se non dovesse esserci più cioccolato in futuro e come possiamo agire per evitarlo?

Cioccolato a rischio: ne mangiamo più di quello che abbiamo a disposizione

cioccolato ghana

Il drammatico scenario non è poi così distopico, almeno secondo due dei principali produttori mondiali di cioccolato, Mars e Barry Callebaut che, nel 2014, hanno lanciato per primi l’allarme. Il problema è che, nel 2013, il consumo mondiale di prodotti derivati dalla fava del cacao ha superato di 70mila tonnellate la produzione. I due colossi avvisano che entro il 2020 quella cifra potrà gonfiarsi fino a un milione di tonnellate, un aumento di oltre 14 volte; e entro il 2030 potrebbe arrivare a due milioni di tonnellate. Insomma, se continueremo ad abbuffarci così, saremo costretti a modificare radicalmente le nostre abitudini perché il cioccolato si potrebbe trasformare in un bene raro e costoso.

Ricorrere al cioccolato come cibo di conforto e panacea di molti mali mette, quindi, concretamente a rischio la sua disponibilità a prezzi accessibili. L’aumento del consumo di cioccolato è trainato, a livello globale, dalla Cina dove solo di recente hanno scoperto il gusto di barrette e snack. Come se non bastasse, sempre più persone, in Italia e non solo, preferiscono il cioccolato fondente: infatti, l’ampliamento della proposta sul mercato arricchita dalle opzioni del mercato equo e solidale, insieme agli studi che ne confermano i benefici, fa sì sempre più consumatori scelgano “quello scuro e amaro”. Si tratta di una passione che potrebbe costarci caro, contribuisce all’aggravarsi del rischio di una carestia del cioccolato: infatti, se in uno snack al cioccolato la percentuale di cacao si aggira attorno al 10%, le barrette di dark chocolate sono sufficientemente amare se la percentuale di cacao supera il 70%.

Le difficoltà dei produttori

chocothlon

Oltre a questi fattori, esistono altri elementi che condizionano la disponibilità di cioccolato sul mercato. Dal punto di vista della produzione di cacao, il cuore del problema è, da un lato, la sostanziale distanza tra paesi coltivatori e consumatori, dall’altro, la cura delle colture vera e propria, resa più difficile dalla siccità che ha colpito in questi anni i paesi dell’Africa occidentale, tra i quali ci sono Ghana e Costa d’Avorio che, da soli, sopperiscono al 70% della domanda globale di cacao. Inoltre, la diffusione di una malattia delle piante, la Moniliophthora roreri conosciuta anche come “frosty pod”, ha danneggiato percentuali rilevanti delle coltivazioni. I produttori, quindi, in molti casi hanno abbandonato la coltivazione di cacao per destinare gli stessi terreni a colture più “sicure” come il mais.

Secondo Roberto A. Fredman, che ha curato un approfondimento sul tema per il The Washington Post (tradotto in italiano da IlPost), la preoccupazione dell’estinzione del cioccolato ha attivato dei meccanismi, su più fronti, che possano agire concretamente per scongiurare il pericolo e “salvare” milioni di ciocco-addicted in tutto il mondo.

Chocothon: in Ghana per salvare il cioccolato

Una risposta concreta al rischio di perdere il cioccolato è quella promossa, insieme, dal Future Food Institute di Bologna, dal Google Food Team e dall’International Trade Centre con il sostegno della Business School di Lausanne. Si tratta di “Chocothon”, un progetto che si pone l’ambizioso obiettivo di rendere sostenibile la preziosa produzione di cacao direttamente in Africa.

Presentato in occasione di un evento internazionale che ha riunito ad Accra, capitale del Ghana, esperti della materia, stakeholder, ricercatori e produttori, “Chocothon” nasce dalla fusione di Hackathon e chocolate, e vuole promuovere una metodologia disruptive per supportare la catena locale di produzione del cacao.
Di fatto, è stata creata una piattaforma condivisa dei coltivatori ghanesi grazie alla quale sarà possibile assicurare un approvvigionamento sostenibile, creare nuove opportunità e ridurre i rischi di interruzione delle forniture, nonché unire le forze in caso di problematiche ambientali impreviste.

produzione cioccolato

Dal momento che quella del cacao è una filiera definita ad alto rischio, i promotori di “Chocothon” hanno ritenuto urgente agire per promuovere una strategia innovativa e sostenibile affinché non ci si trovi nella condizione di dover rinunciare ad un cibo capace di rendere felici le persone.
“Abbiamo lanciato l’idea di Chocothon – sostiene Sara Roversi, fondatrice di Future Food Institute – come un potente strumento in grado di creare una connessione tra l’apprendimento e il fare, con il fine di condividere informazioni, promuovere l’uso della creatività e l’importanza della cooperazione e il lavoro di squadra, per affrontare le sfide più importanti a livello mondiale come la sostenibilità e dei diritti umani nella catena alimentare“.

La ricetta per salvare il cioccolato prevede quindi cooperazione q.b., sviluppo della comunità, rafforzamento dei produttori, condivisione delle esperienze e della conoscenza nell’ambito della produzione del cacao, senza trascurare, più in generale, la filiera dell’agroalimentare. È possibile sostenere “Chocothon” con una donazione sulla piattaforma internazionale di crowdfunding. Sempre sul sito ufficiale, si può monitorare l’avanzamento del progetto che, secondo i piani degli organizzatori, proseguirà per nove mesi andrà a connettere i produttori in Ghana con esportatori, rivenditori e altri stakeholder in tutto il mondo. Lo immaginate davvero un mondo senza nessuna di questi cinque deliziosi dolci al cioccolato?

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